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Sovrappeso e epatopatie

Un recente articolo di IJ. Hickman et.al apparso su “Gut” con il titolo “la modesta riduzione del peso e l’attività fisica in pazienti in sovrappeso con epatopatia cronica, inducono un miglioramento dell’alanina aminotransferasi, dell’insulinemia e della qualità di vita”, dimostra come la riduzione del peso possa ridurre l’attività della patologia epatica, determinando una riduzione delle transaminasi, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti, persino in certi casi, il miglioramento delle lesioni istologiche.La prevalenza dell’obesità e del sovrappeso ha giunto un tasso allarmante in questi ultimi venti anni nei paesi occidentali.L’obesità è attualmente riconosciuta come un fattore di rischio di progressione della fibrosi, nelle epatopatie croniche, quali la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e l’epatite virale C. In quest’ultima, numerosi studi hanno dimostrato l’associazione fra l’aumento del BMI o del l’adiposità viscerale (aumento della circonferenza della vita) con la statosi e la fibrosi epatica e dell’aumento dell’insulinemia con l’incremento della fibrosi epatica, ipotizzando un importante ruolo dei fattori metabolici nella progressione della malattia.
Piano di studioLo scopo dello studio era di valutare l’effetto, a lungo termine, della riduzione del peso e dell’aumento dell’attività fisica sulla biochimica epatica, sull’insulinemia di base e sulla qualità di vita di pazienti in soprappeso, portatori di patologia epatica.Dal 1999 all’anno 2000, sono stati scelti 43 pazienti con BMI superiore a 25 kg/m2, con steatosi epatica di grado minimo 1, non consumatori di alcol, affetti da epatopatia cronica, di diversa eziologia: NAFLD, HCV, HBV, CBP, autoimmune. Tutti sono stati sottoposti a dieta dimagrante, poi di mantenimento, associata ad attività fisica aerobica . In ogni soggetto è stato eseguito un monitoraggio metabolico (transaminasi, profilo lipidico, glicemico, insulinico, con valutazione dell’insulino-resistenza HOMA), istologico (biopsia epatica) e una valutazione della qualità di vita, tramite un questionario sui benefici mentali, emotivi e fisici.
Risultati I risultati dimostrano che il mantenimento del peso ridotto, associato all’aumento dell’attività fisica, riduce le transaminasi, l’insulinemia di base e migliora la qualità di vita, indipendemente dalla natura dell’epatopatia Inoltre , si è dimostrato che il calo ponderale, in tempi brevi, riduce le lesioni istologiche ( steatosi e fibrosi ) nella maggior parte dei portatori di epatopatia HCV e, in proporzione minore, nei pazienti con NAFLD.
Conclusioni.Questi risultati suggeriscono la terapia del sovrappeso come un importante componente nella gestione dei pazienti con epatopatia cronica, in quanto questo fattore ha la capacità di ridurre il rischio di progressione della patologia epatica.
Commento : riteniamo importante questo articolo in quanto conferma l’utilità di selezionare, nell’ambito delle epatopatie croniche, i pazienti con sovrappeso e di consigliare loro un appropriato regime dietetico e un aumento dell’attività fisica. Dato che non abbiamo a disposizione terapie risolutive è consuetudine cercare di dividere questi pazienti in sottogruppi che possano giovare di particolari approcci terapeutici che aiutino il fegato, compromesso da una patologia, a svolgere le sue importanti funzioni e rallentino la progressione delle lesioni. Sicuramente serviranno ulteriori studi per verificare il ruolo dell’aumento di peso negli epatopatici, ma riteniamo sensato e utile consigliare a quelli in soprappeso, una riduzione equilibrata dell’apporto calorico e un aumento dell’attività fisica, indipendentemente dalla causa della loro affezione.

Keywords: hepatitis C; obesity; insulin resistance; non-alcoholic fatty liver disease; quality of life
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